Il Teuzzone, Milano, Malatesta, 1706

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Campo di battaglia illuminato di notte; padiglione reale.
 
 TRONCONE, CINO, SIVENIO, ZIDIANA
 
 TRONCONE
 Nostro, amici, è ’l trionfo. Ingo, il ribello,
 cadde e la pace al nostro impero è resa.
 Ruoti or la falce e tronchi
 i miei stami vitali invida parca;
5quello di mie vittorie
 l’ultimo è de’ miei dì. Più nobil fine
 non poteami dal cielo esser prescritto.
 S’applauda. Vissi assai, se moro invitto.
 CINO
 Lascia, o signor, che su le regie piume,
10posta a l’esame la ferita...
 TRONCONE
                                                 Eh Cino,
 morire in piedi un re sol dee. Già sento
 che intorno al cor stretto è l’assedio; e appena
 un avanzo d’ardir vivo il sostiene.
 Pensisi al regno e non più a noi.
 ZIDIANA
                                                            Tal dunque
15ti perdo, o dio! vedova pria che sposa?
 TRONCONE
 Zidiana, a che ti affliggi? Amasti il frale,
 se questo or piangi. L’amor nostro vive;
 il mio là negl’Elisi
 cangerà di soggiorno e non di oggetto.
20Tu serba il tuo; ma ’l serba
 non soggetto a vicende, eterno e puro.
 ZIDIANA
 Crudelissime stelle!
 TRONCONE
 Piega il capo al destino e vanne in pace.
 ZIDIANA
 Saprò unirmi al tuo rogo, ombra seguace.
 
 SCENA II
 
 TRONCONE, SIVENIO e CINO
 
 TRONCONE
25E voi consoli, o fidi,
 del mio figlio Teuzzon l’anima invitta.
 Due gran beni a voi lascio,
 un buon nome, un buon re. Due ne avrò meco,
 la vostra fede ed il comun riposo.
30Cino.
 CINO
              Signor.
 TRONCONE
                              Tu primo
 del voler nostro interpetre e custode,
 prendi. Su questo foglio,
 chiuso dal regio impronto,
 chiamo l’erede a la corona; accresco
35titoli al sangue e a la natura applaudo. (Gli dà il testamento sigillato)
 CINO
 Bacio la man che a tant’onor m’inalza.
 TRONCONE
 E tu, Sivenio, o primo
 duce del campo, al cui valor tenute
 di non lievi trofei son le nostr’armi,
40prendi; il regal sigillo
 ne la tua man depongo; e tu lo rendi
 a chi dovrà le leggi impor dal trono. (Gli dà il regio sigillo)
 SIVENIO
 Chino a terra la fronte e bacio il dono.
 TRONCONE
 Ma già vien meno il cor... Perpetua notte
45mi toglie il giorno... Il favellar... mi è rotto...
 Manco... Nel nuovo erede...
 chiedo... in ultimo don... la vostra fede. (Muore)
 
 SCENA III
 
 ZIDIANA che esce dal suo padiglione, poi EGARO
 
 ZIDIANA
 
    Occhi, non giova il piangere
 per frangere il rigor
50d’iniqua sorte.
 
    Vincerne sol lo sdegno
 può ingegno e può valor
 d’anima forte.
 
 EGARO
 Regina, egli è ben giusto il tuo dolore.
55Un momento ti toglie e regno e sposo.
 ZIDIANA
 Fabbro è ognun di sua sorte. Io, che già seppi
 il diadema acquistar, saprò serbarlo.
 EGARO
 Nobil ma vana speme.
 ZIDIANA
                                            Egaro amico,
 te, che da’ miei verd’anni e fede e sangue
60al mio fianco già unì, te chiamo a parte
 del grande arcano.
 EGARO
                                     Impaziente ascolto.
 ZIDIANA
 Pria ch’io fossi regina,
 sai che per me avvampar Sivenio e Cino.
 EGARO
 Di questo cielo i fermi poli.
 ZIDIANA
                                                    Il fuoco
65cercò sfera maggior. Nel re mio sposo
 alzò la fiamma e dilatò la vampa.
 EGARO
 Che pro? Rompono l’armi
 il nodo maritale.
 ZIDIANA
                                 Ed in un punto
 vergine, sposa, vedova già sono.
 EGARO
70A lasciar già vicina
 asceso appena e mal gustato il trono.
 ZIDIANA
 Lasciare il trono? Ah! Prima
 mi si strappi dal sen l’alma e la vita.
 Caro Teuzzon, perdona
75se t’insidio l’onor de la corona.
 EGARO
 Qual pietà? Quale affetto?
 ZIDIANA
                                                  A te si scuopra
 tutto il mio core. Amo Teuzzone e ’l cielo,
 che ben vedea quant’io l’amassi, intatta
 mi toglie al padre e mi preserva al figlio.
 EGARO
80Strano amor!
 ZIDIANA
                            Vo’ regnar per regnar seco.
 Vo’ ch’egli abbia ’l diadema
 da me, non dal suo sangue. A me frattanto
 servan le fiamme altrui. Cino s’inganni.
 Sivenio si lusinghi;
85e per goder, tutto si tenti alfine,
 l’amante in braccio e la corona al crine.
 EGARO
 
    Sostenerti ancor sul trono
 vanto sia di tua beltà.
 
    E se pure avversa sorte
90vuol ritorti un sì gran dono,
 cadrai misera ma forte,
 per destin, non per viltà.
 
 SCENA IV
 
 SIVENIO e ZIDIANA
 
 SIVENIO
 Ne’ miei lumi, o regina,
 legger ben puoi la comun sorte e ’l danno.
 ZIDIANA
95(Cominci da costui l’opra e l’inganno).
 Nel regio sposo, o duce,
 molto perdei. Pur se convien ne’ mali
 temprar la pena e raddolcire il pianto,
 sol col mio re, non mio consorte ancora,
100una fiamma si è spenta
 che illustre mi rendea ma non contenta.
 SIVENIO
 Ahimè! Che più non lice a l’amor mio
 a quel d’una regina alzar sé stesso.
 ZIDIANA
 Perdonatemi, o ceneri reali,
105e tu, bell’alma, a la tua sfera eccelsa
 non giunta ancor, tu mi perdona e ’l soffri.
 Sivenio, io so che offendo
 l’altrui memoria e la mia fama; e sento
 salirmi al volto un vivo sangue, in foco
110d’amore insieme e di vergogna acceso.
 Deh! Gran duce, ti basti
 un rossor che assai parla;
 e ’l labbro mio da un maggior fallo assolvi.
 SIVENIO
 Dunque egli è ver che del mio fermo affetto
115viva in te rimembranza?
 E che colpa non sia la mia speranza?
 ZIDIANA
 Merto ella sia, se il mio desir secondi.
 SIVENIO
 Ma come?
 ZIDIANA
                      Odi a qual prezzo io tua mi giuro.
 Serbami una corona
120che il ciel mi diede; e non soffrir, se m’ami,
 che abbietta io serva, ove regnai sovrana.
 Altri m’abbia regina;
 tu m’abbi sposa. A che tacer? Che pensi?
 Dillo amor; dillo orgoglio.
125Al mio seno anche intatto
 giugner non puoi che per la via del soglio.
 SIVENIO
 Non ascriver, s’io tacqui, il tacer mio
 a rimorso o a viltà. Facile impresa
 m’è una guerra svegliar dubbia e feroce.
130Ma agl’estremi rimedi
 tardo si accorra; e giovi
 tentar vie più sicure o men crudeli.
 ZIDIANA
 Quai fien queste?
 SIVENIO
                                    Conviene
 Cino anche trar ne le tue parti.
 ZIDIANA
                                                          Egli arde
135per me di amore.
 SIVENIO
                                   E per Teuzzon di sdegno.
 ZIDIANA
 L’odio dunque s’irriti.
 SIVENIO
 E l’amor si lusinghi, o mia regina.
 ZIDIANA
 Mal può, perché ben ama,
 gl’affetti simular l’anima mia.
 SIVENIO
140La prim’arte in chi regna il finger sia.
 ZIDIANA
 Fingasi, poiché ’l vuoi. Tu ormai con Cino
 primo l’opra disponi; offri, prometti.
 Io poco avvezza intanto
 comporrò sguardi; mentirò lusinghe;
145seguirò l’arti tue. Ma te, mio caro,
 tutta fida e amorosa,
 sposo e re abbraccerò, regina e sposa.
 
    Dirò ad altri: «Mio tesoro,
 te sol amo, per te moro»
150ma con l’alma il dirò a te.
 
    In amarti, o mio diletto,
 tradirò per troppo affetto,
 mentirò per troppa fé.
 
 SCENA V
 
 SIVENIO, CINO
 
 SIVENIO
 Signor, te appunto io qui attendea.
 CINO
                                                                  Gran duce.
 SIVENIO
155Poss’io scoprirmi a la tua fede?
 CINO
                                                           Impegno
 nel segreto il mio onor. Parla; io t’ascolto.
 SIVENIO
 Del re l’infausta morte
 è periglio comun. Molti e molt’anni
 noi regnammo con lui. Teuzzon, suo figlio,
160anima altera e troppo
 del comando gelosa,
 ci riguardò come nemici e in noi
 a gran colpa imputò l’amor del padre.
 CINO
 È ver; ma già impotente è l’odio nostro.
165Già lo porta sul trono
 la nascita e la sorte. E a noi fia d’uopo
 sentir la piaga e rispettarne il ferro.
 SIVENIO
 Che rispetto? Che d’uopo?
 Siegui i miei voti e preveniamo i mali.
 CINO
170Ne addita il modo.
 SIVENIO
                                     alorch’è vuoto il soglio,
 sai che non basta al più vicino erede
 il titolo del sangue.
 Vuol la legge e vuol l’uso
 che lo confermi, in chiare note espresso,
175il real testamento e che deporsi
 deggia in sua mano il regio impronto. Or d’ambi
 dispor possiamo e tor con arte il regno
 a chi per noi tutto è livore e sdegno.
 CINO
 Ma come il foglio aprir? Come il reale
180carattere mentirne?
 SIVENIO
 Consenti a l’opra e ne assicuro i mezzi.
 CINO
 Difficile è l’impegno e più l’evento.
 SIVENIO
 Tal non parrà, quando saprai l’arcano.
 CINO
 Dunque il confida.
 SIVENIO
                                     È forza
185che preceda il tuo assenso.
 CINO
 O dio!
 SIVENIO
               Che temi?
 CINO
                                     Il rimorso del fallo.
 SIVENIO
 Error che giova è necessario errore.
 CINO
 Ma in chi cadranno i nostri voti?
 SIVENIO
                                                              In quella
 ch’era già del tuo amor meta e del mio.
 CINO
190Ne la regina?
 SIVENIO
                            Appunto.
 Poi farò sì che del favor eccelso
 ella il premio ti renda in farti sposo.
 CINO
 Quale assalto, o mio cor?
 SIVENIO
                                                Pensa, trionfa
 di un inutil timore
195e soddisfa egualmente
 nel tuo illustre destin l’odio e l’amore.
 
    Puoi, se ’l brami,
 leggi impor dal soglio aurato;
 e se l’ami,
200puoi baciar bocca amorosa.
 
    Non dar fede a vil timore.
 Toglie amore, niega il fato
 i suoi beni a chi non osa.
 
 SCENA VI
 
 CINO
 
 CINO
 Innocenza, ragion, vorrei che ancora
205in quest’alma regnaste.
 Ma se ora deggio in sacrificio offrirvi
 l’ambizion, l’amore e la vendetta,
 perdonatemi pur; vi sono a core
 più che i vostri trofei le mie ruine
210e mi siete tiranne e non regine.
 
    L’alma godea tranquilla
 e una gentil pupilla
 sol era il mio pensier.
 
    Dacché vi entrò l’audace
215avidità di regno,
 partì la cara pace
 e si turbò il piacer.
 
 SCENA VII
 
 Giorno. Vasta campagna, tutta circondata di palme. Tenda reale alla tartara.
 
 ZELINDA che dorme, ARGONTE che ritorna dalla città
 
 ARGONTE
 
    Spunta il sol; né ancora al dì
 quel bel volto i lumi aprì.
 
220   Ma bei lumi, voi piagnete;
 e quell’onde che spargete,
 ingemmando l’erbe e i fiori,
 sembran pianti e son tesori.
 
 ZELINDA
 Sposo, Teuzzon, mia vita, (Risvegliandosi)
225chi dal sen mi ti svelle?
 Barbari, iniqui mostri, ove il traete?
 Ah! me prima uccidete.
 ARGONTE
 Zelinda...
 ZELINDA
                     Orride larve,
 dal nero sen di Flegetonte uscite,
230voi dal guardo fuggite
 ma non dal cor, non da la mente, o dio!
 Dove sei, caro sposo, idolo mio?
 ARGONTE
 A quai vani fantasmi,
 deliri de l’idea, ti lasci in preda?
 ZELINDA
235Che arrechi, Argonte? Ov’è ’l mio prence?
 ARGONTE
                                                                              In breve,
 più che mai fido e amante,
 qui verrà...
 ZELINDA
                        Respirate, affetti miei,
 da’ sognati spaventi.
 ARGONTE
 Ma che sognasti?
 ZELINDA
                                  A me parea poc’anzi
240con l’ostro al fianco e col diadema in fronte
 veder Teuzzone in atto
 di salir regal trono,
 quando livida serpe, ahi fiera vista!,
 ributtandolo addietro,
245gli straccia intorno e la corona e ’l manto;
 e ad un fischio crudel serpi minori
 già ’l traevano a morte.
 Alor mi scossi, molle,
 di pianto il volto e di sudore il seno;
250tremo ancora al gran rischio;
 e di quel mostro odo ancor vivo il fischio.
 ARGONTE
 Meglio apri gl’occhi; e dal pensier la tema
 si dilegui con l’ombra.
 
 SCENA VIII
 
 TEUZZONE ch’esce dalla città, ZELINDA, ARGONTE
 
 TEUZZONE
 È possibile, o cara, o mia Zelinda,
255che nel maggior de’ miei dolori io stringa
 il maggior de’ miei beni,
 il miglior de’ miei voti?
 ZELINDA
                                              O sposo! O dolce
 di quest’alma fedele unica speme!
 O felice momento
260che dilegui il mio affanno e ’l mio spavento!
 A DUE
 
    Mi usciria per gran diletto
 fuor del sen l’alma e la vita;
 ma la sento al cor più unita
 ne lo stringerti al mio petto.
 
265   Non mi uccide il mio contento
 perché teme il tuo dolore;
 ed è prova del mio amore
 non morir di godimento.
 
 ZELINDA
 Tacito duol v’è che non lascia intero
270a la tua gioia il corso.
 Ma che? Sei lune e sei corser dal giorno
 che nel tartaro ciel restai dolente,
 priva di te, mio sol conforto; ed ora
 qui prevalse in mirarti
275ad ogn’altro pensier quel d’abbracciarti.
 TEUZZONE
 Negar nol posso. Il genitor mi tolse
 empia, immatura morte.
 Tu perdona se in volo
 qualche pianto al piacer, per darlo al duolo,
280e se divide i suoi tributi il ciglio
 tra gl’uffici di amante e quei di figlio.
 ZELINDA
 Del tuo duol degno è ’l padre.
 TEUZZONE
                                                        Or or con lieta
 festa verrà qui a la sua tomba il regno,
 per onorarne il funeral primiero.
 ZELINDA
285Io, se v’assenti, ad ogni sguardo ignota,
 ne osserverò la strana pompa e ’l rito.
 TEUZZONE
 Poi quando alzato m’abbia
 al comando sovrano
 col pubblico voler quello del padre,
290vieni, sposa, ed accresci
 del fausto dì col tuo bel volto i rai.
 Da l’illustre splendor de la corona
 prenderò qualche fregio;
 e in offrirti le porpore...
 ZELINDA
                                              Eh! Teuzzone;
295tutto, tutto il mio orgoglio
 è regnar sul tuo cor, non sul tuo soglio.
 TEUZZONE
 
    Da uno sguardo del tuo ciglio
 leggi il core attenderà.
 
    Ei mia guida, ei mio consiglio,
300mio destino ei sol sarà.
 
 ZELINDA
 
    Se regnar vuoi col mio affetto,
 regnerai col tuo piacer.
 
    Ho per brama il tuo diletto,
 ho per alma il tuo voler. (Si ritira in disparte con Argonte e tartari)
 
 SCENA IX
 
 ZIDIANA, SIVENIO, CINO ed EGARO, popoli e soldati cinesi, che escono dalla città con insegne reali, spoglie guerriere, stendardi e ombrelle, vestiti di bianco che è il colore di lutto presso di loro
 
 CORO
 
305   Dagl’Elisi, ove gioite,
 risorgete, alme reali.
 E ’l maggior de’ vostri figli,
 ombre avite, ombre immortali,
 di onorar non v’arrossite. (I sacerdoti e sacerdotesse cinesi incominciano un’allegrissima danza)
 
 TEUZZONE
310Perché l’ora più fausta al tuo riposo
 splenda, o mio genitor, arda e consumi
 queste la viva fiamma,
 figlie di puro sol, candide perle.
 ZIDIANA
 Questa di caldi pianti,
315tributo de’ miei lumi, urna ben colma
 l’amor mio ti consacra, ombra adorata.
 CINO
 Io vi getto le ricche
 spoglie de’ tuoi trionfi.
 SIVENIO
                                            Io d’ostro...
 EGARO
                                                                   Io d’oro...
 SIVENIO
 Spargo la vampa.
 EGARO
                                   E ’l sacrificio onoro.
 CINO
 
320   Avello felice,
 che un re sì possente
 in te dei serbar,
 di età struggitrice
 te livido dente
325non osi insultar.
 
 SIVENIO
 
    O palma beata,
 puoi d’ombra più bella
 superba fiorir.
 Te folgore irata,
330te iniqua procella
 non venga a ferir.
 
 TEUZZONE, TUTTI
 
    Tomba diletta,
 a te farem ritorno
 col canto e con l’amor.
335Tu i primi doni accetta
 del nostro rio dolor.
 
 SCENA X
 
 ZIDIANA, SIVENIO, CINO
 
 SIVENIO
 D’arte e d’inganno ecco, regina, il tempo. (Piano a Zidiana)
 ZIDIANA
 Ma te non turbi intanto
 un geloso timor. Già sai ch’io fingo. (Piano a Sivenio)
 CINO
340(Siete in porto, o miei voti,
 se l’aureo scettro e quella mano io stringo). (Tra sé)
 ZIDIANA
 Cino, l’amor, con cui mi è gloria alfine
 ricompensar tua fede,
 io non vorrei che interpretassi a fasto.
345Ragion mi muove ad accettar la destra
 che mi ferma sul trono; e ’l ricco ammanto
 getta lampi graditi
 sugl’occhi miei, perché ’l tuo amor mel dona.
 Godrò d’esser regina
350per esser tua. Da quel poter, cui piacque
 inalzarmi agli dei,
 cader, senza tua colpa, io non potrei.
 CINO
 Per lasciar qualche gloria alla mia fede
 non convenia, regina,
355tutto mostrarmi il guiderdon de l’opra.
 Pur, poiché tua bontà col darmi il grado
 di compagno e di sposo
 m’offre una sorte, onde m’invidi il cielo,
 non ricuso cimenti.
360Vedrai di chi ’l contenda
 la vendetta, la strage e la ruina.
 O cadrò esangue o tu sarai regina.
 ZIDIANA
 O come dolce alora
 fia l’esser tua!
 SIVENIO
                             O dio! Troppo amorosa (Piano a Zidiana)
365seco favelli.
 ZIDIANA
                        È tutto inganno; il sai. (Piano a Sivenio)
 CINO
 (Miglior sorte in amor chi provò mai?)
 ZIDIANA
 Più non s’indugi. Andiamo, o prence, e svelto
 cada di mano al fier Teuzzon lo scettro.
 CINO
 Mancan pochi momenti
370a la comun nostra fortuna.
 SIVENIO
                                                  E pria (A Cino)
 lascia ch’io teco adempia
 il dover di vassallo.
 CINO
                                      Anzi d’amico,
 che de l’opra tu sei non poca parte.
 SIVENIO
 Mio re, t’inchino.
 CINO
                                   In amistà t’abbraccio.
 ZIDIANA
375(E due cori così prendo ad un laccio).
 
    Sarai mio; (A Cino) (lo dico a te). (A Sivenio)
 (E a chi parlo amor lo sa). (A parte)
 
    Tu mio sposo e tu mio re,
 servi al fasto ed a l’ amore.
380(Sol chi regna in sul mio core, (A parte)
 meco in trono ancor godrà). (Entrano nella città)
 
 SCENA XI
 
 ZELINDA ed ARGONTE uscendo donde stavano nascosti
 
 ZELINDA
 Udisti, Argonte, udisti?
 ARGONTE
 Vista ho la serpe e non lontano è ’l fischio.
 Si prevengano i mali.
 ZELINDA
                                          Ah! Che far posso?
385Donna? Sola? Straniera? In tal periglio?
 Suggeritemi, o dei, forza e consiglio.
 ARGONTE
 Teuzzon si avvisi e cerchi...
 ZELINDA
 Per non solite vie tentar conviene
 la comune salute.
390Miei fedeli, si taccia (A’ Tartari del suo seguito)
 la sorte mia. Voi ne la reggia il passo
 cauti e occulti vi aprite. Ove sia d’uopo,
 al vostro braccio avrò ricorso. Argonte
 solo mi siegua, ove m’inspiri il cielo. (Partono i Tartari)
 ARGONTE
395E verran meco ardir, costanza e zelo.
 ZELINDA
 
    Numi eterni, gli affetti innocenti
 di due cori pietosi serbate.
 
    O se forse punir li volete
 in me sola le piaghe volgete
400e al mio sposo crudeli non siate. (Entra nella città)
 
 SCENA XII
 
 Salone imperiale con trono e sedili minori all’intorno.
 
 TEUZZONE e poi ZIDIANA
 
 TEUZZONE
 
    Alma, al pianger troppo avvezza
 a che temi di goder?
 
    Certa già di tua grandezza,
 o men credi al tuo timore
405o più senti il tuo piacer.
 
 ZIDIANA
 Principe, or ch’egli è morto
 nel tuo gran parte anche il real mio sposo,
 ove cercar poss’io
 una parte di lui che in te suo figlio?
410Misera me, se co’ suoi giorni ancora
 la tua pietà mi manca!
 TEUZZANE
 Zidiana, in te del genitor rispetto
 i più teneri amori.
 ZIDIANA
                                     (O quanto è vago!)
 TEUZZONE
 Qualunque siasi il mio destino, ognora
415ti onorerò come regina e madre.
 ZIDIANA
 No, questi de la mia
 prima grandezza i fasti nomi obblia.
 Quello di amica, quel di serva o s’altri
 darmi vorrai titoli abbietti e vili
420(non dirò già i più dolci e i più soavi)
 sul labbro tuo più mi saran graditi.
 TEUZZONE
 Non è di tua virtù lieve argomento
 scender con tanta pace
 dal trono asceso.
 ZIDIANA
                                 Ed in qual man più cara
425può passar questo scettro
 che ne la tua, mio caro prence e mio...
 (Aimè! quasi mi uscì «Dolce desio»).
 
    Se avessi più scettri
 vorrei per gradirti
430gittarli al tuo piè.
 
    Poi serva al tuo soglio
 godrei poter dirti:
 «Tu regni per me».
 
 SCENA XIII
 
 ZIDIANA, TEUZZONE, CINO, SIVENIO, EGARO, popoli, soldati
 
 CINO
 Al gran nume d’Amida,
435senza il cui braccio ogni possanza è frale,
 senza il cui voto ogni consiglio è vano,
 arbitro degl’imperi,
 del ciel regolatore e de la sorte,
 chiedasi un re saggio dal pari e forte.
 
 CORO
 
440   O vita, o mente
 del ciel, del mondo,
 nume possente,
 nume immortal,
 
    il saggio erede,
445l’invitto re
 con pura fede
 chiediamo a te,
 
    a te che or empi
 di lume ignoto
450il nostro vuoto
 seggio real.
 
 SIVENIO
 Pria che del morto re l’alto si spieghi
 voler sul nuovo erede,
 serbar le prische leggi ognun qui giuri.
 ZIDIANA
 
455   Alma bella che vedi il mio core,
 sarà eterna la fé che prometto.
 
 TEUZZONE
 
    Anch’estinto, re e padre diletto,
 mi avrai figlio di ossequio e di amore.
 
 SIVENIO
 
    Col mio labbro giura il campo...
 
 CINO
 
460Giura Cino e giura il regno.
 
 EGARO, TUTTI
 
    Chi ci elegge in re la legge,
 sarà il giusto e sarà il degno. (Tutti vanno a sedere a’ lor posti ed il trono rimane vacuo)
 
 CINO
 Questo, o principi, o duci, (Si leva in piedi ed ha in mano il testamento reale)
 chiuso dal regio impronto
465è del morto Troncon l’alto decreto.
 Già l’apro e ’l leggo; udite. (Legge)
 «Noi de la Cina imperador Troncone
 vogliamo, e serva di destin la legge,
 che dopo noi sovra il cinese impero
470passi la nostra autorità sovrana
 in chi n’ha la virtù. Regni Zidiana».
 TEUZZONE
 Zidiana?
 CINO
                    A chiare note
 leggi: «Troncone». Ei stesso scrisse.
 TEUZZONE
                                                                   Il padre?...
 Regni Zidiana?
 SIVENIO
                               Ed a Zidiana, o prence,
475è supremo voler ch’io porga il sacro
 riverito sigillo.
 Ubbidisco, o regina, e adoro il cenno.
 ZIDIANA
 (Sono in porto i tuoi voti, alma giuliva).
 EGARO
 Viva Zidiana.
 TUTTI
                            Viva. (Al suono di trombe Zidiana ascende sul trono)
 ZIDIANA
480Cinesi e voi che siete
 de la nostra corona
 scudo insieme e splendor, principi e duci,
 su questo soglio, ov’io mi assido e regno,
 regnò un tempo e si assise anche Lieva,
485donna di spirti eccelsi e d’alma invitta.
 Anche in femmina han sede
 le virtù più virili; e i re temuti
 non fa ’l sesso ma ’l core.
 Norma de le mie leggi
490sarà ’l pubblico bene. A’ vostri sonni
 veglieran le mie cure.
 Pia, giusta e tale insomma
 che non abbia a pentirsi
 del suo amor, di sua scelta il re mio sposo,
495cercherò sol nel vostro il mio riposo.
 EGARO
 Magnanimi pensieri.
 CINO
                                          Io primo in grado
 gl’altri precedo. O voi
 gran ministri del regno,
 meco giurate e vassallaggio e fede .
 EGARO
500Sieguo l’invito e l’umil bacio imprimo.
 SIVENIO
 De l’armi io primo duce
 rendo a’ minori esempio
 e in bacio riverente il giusto adempio.
 CINO
 Principe, e che più badi? (A Teuzzone)
505Suddito de la legge
 tu pur nascesti. A giurar vieni e vieni...
 TEUZZONE
 
    Io vassallo? Io giurar fede? (Levandosi con impeto)
 Io nato erede,
 macchiare il grado
510di tal viltà?
 
    Cadrò ben vittima,
 non mai trionfo
 de l’empietà.
 
 Cinesi, i numi invoco,
515di quel trono usurpato almi custodi,
 che voi siete ingannati ed io tradito.
 In che errai? Quando offesi
 la chiarezza del sangue,
 l’amor paterno e le speranze vostre?
520Ah! Che solo mi esclude
 l’altrui perfidia. E ch’io lo soffra? E voi
 lo soffrirete? Il cielo,
 protettor di ragione e d’innocenza,
 meco sarà; meco sarà virtude,
525meco ardir, meco fé.
 Chi del giusto è amator, siegua il suo re. (Parte veloce, senza che veruno si muova a seguirlo)
 
 SCENA XIV
 
 ZIDIANA, CINO, SIVENIO, EGARO
 
 CINO
 Custodi, il contumace
 si arresti.
 SIVENIO
                     Anzi si uccida.
 ZIDIANA
 Si uccida?
 SIVENIO
                      Sì, che puote
530esser reo di più mali
 l’indugio del comando.
 ZIDIANA
                                            (O dei!)
 EGARO
                                                              Regina,
 vacilla il tuo destin, s’egli non cade.
 SIVENIO
 E ’l tuo primo periglio è la pietade.
 Ite veloci ed eseguite il cenno.
 
 SCENA XV
 
 ZELINDA, ARGONTE e li sudetti
 
 ZELINDA
535Fermate, iniqui, e non osate a’ danni
 del vostro re volger le piaghe e l’ire.
 E tu, donna, se brami
 regnar felice, or non voler che ’l regno
 da una colpa cominci.
540È sangue del tuo sposo
 quel che brami versar; né ti conviene
 al manto, che ti cuopre,
 cercar grana miglior ne le sue vene.
 E a te, perfido, basti (A Sivenio)
545aver tolto lo scettro
 al tuo signor, senza volergli ancora
 tor la vita innocente. Assai fallisti
 e risparmia al tuo capo,
 anima scellerata,
550qualch’ira degli dei non provocata.
 CINO
 (Che ardir?)
 EGARO
                           (Che volto!)
 SIVENIO
                                                   O tu ch’osi cotanto,
 non so se d’ira o da follia sospinta,
 parla; qual sei?
 ZELINDA
                               Tal sono
 che risponder non degno ad uom sì iniquo.
 SIVENIO
555Non la esenti al gastigo
 il poco senno e ’l debil sesso; a forza
 tosto...
 ARGONTE
                Guardati e temi
 di offendere in costei
 le deità più sacre. Ella ad Amida
560è vergine diletta.
 Tutto sa, tutto vede e quanto ell’opra,
 quasi raggio da sol, vien di là sopra.
 SIVENIO
 Invan...
 ZIDIANA
                  Sivenio, il cielo
 mai non si tenti e in chi ne vanta i doni
565si rispetti l’audacia anche del vanto.
 Vanne ed a me costanti
 tu del campo fedel conferma i voti.
 De la regia in difesa
 Egaro vegli. Cino,
570tu osserva il prence e quanto
 egli ordisce, prevedi,
 egli tenta, previeni. Indi le pompe
 di questo giorno a noi sì sacro, in cui
 nacque col maggio il mondo,
575sia tua cura dispor. La comun pace
 a me stessa confido, al vostro affetto.
 EGARO
 Ubbidirò qual deggio. (Parte)
 SIVENIO
 Pria che la fé, mancherà l’alma in petto. (Parte)
 CINO
 
    L’onor del tuo cenno
580mia legge sarà.
 
    Si serva con fede
 che poi la mercede
 sperata con pena,
 con merto acquistata
585più grata verrà.
 
 SCENA XVI
 
 ZIDIANA, ZELINDA, ARGONTE
 
 ZIDIANA
 Tu, s’egli è ver che tanto
 giugni addentro ne’ cori e tanto vedi,
 chiaro ben sai s’altro più tema il mio
 che di Teuzzon la morte e la ruina.
 ZELINDA
590Regna sovra i tuoi sensi e sei regina.
 ZIDIANA
 Ah! Che dentro di noi
 freme il nostro tiranno, e con tal giogo
 che più scosso è più greve.
 ZELINDA
 Ragione imperi e rotto è ’l giogo o lieve.
 ZIDIANA
595Impotente è ragion.
 ZELINDA
                                       Sì, dove il cieco
 disio di dominar regge a sua voglia.
 ZIDIANA
 O ’l tutto non intendi o ’l peggio taci
 di mia viltà.
 ZELINDA
                          Quando gl’errori in parte
 dissimulo d’un core,
600assolvo il volto altrui da un gran rossore.
 ARGONTE
 (Cauta favella).
 ZIDIANA
                               Ah! Sii pietosa, o donna,
 come sei saggia. Vanne;
 va’, ten priego, a Teuzzon. Digli che alfine
 l’ire deponga. Digli
605che non ricusi in dono
 ciò che in retaggio ei chiede.
 Regni ma per me regni e l’abbia in grado.
 ZELINDA
 Che?
 ZIDIANA
             Renda...
 ZELINDA
                               Siegui.
 ZIDIANA
                                               Amor... Zidiana... Il regno...
 Aimè!
 ZELINDA
               Taci e sospiri?
 ZIDIANA
610(O silenzio! O sospiro
 vergognoso e loquace!)
 Va’; digli... Ah! Che assai dissi.
 S’intende un cor quando sospira e tace.
 
    Vanne... Digli... Sì, digli ch’io tacqui
615ma tacendo che ’l cor sospirò.
 
    Non sospiro quel regno che cedo;
 ma sospiro, con labbro che tace,
 quella pace che chiedo e non ho.
 
 SCENA XVII
 
 ZELINDA, ARGONTE
 
 ZELINDA
 Argonte, io non m’inganno. Una rivale
620scuopro in Zidiana.
 ARGONTE
                                      E l’amor suo ti giova.
 ZELINDA
 Non mai con pace una rival si trova.
 Al mio signor si occulti
 una fiamma che il veste
 di regal luce.
 ARGONTE
                           La sua fede offendi
625col dubitarne.
 ZELINDA
                             Io non sarei sì amante,
 se men fossi gelosa.
 ARGONTE
 Ma Zidiana è matrigna e tu sei sposa.
 ZELINDA
 Spesso de la ragion l’util trionfa;
 né van sempre concordi
630innocenza ed amore. In traccia andiamo
 del mio Teuzzon. L’incominciata frode,
 che a lui serbò la vita,
 saprà renderle forse anche il suo regno.
 ARGONTE
 Lieto sia, com’è giusto, il tuo disegno.
 ZELINDA
 
635   Non si serva con mia pena
 a l’amor de la rival.
 
    Vaga fronte, ch’ostro cinga,
 può dar crollo e far lusinga
 ad un’alma più leal.
 
 SCENA XVIII
 
 ARGONTE
 
 ARGONTE
640Non mai frode si tese
 con più innocenza; e non mai dentro un core
 ebbe più ingegno e più coraggio amore.
 
    Amor, che non ha ingegno
 o che non ha valor,
645non è che un freddo amor.
 
    Ma quando è fiamma ardente,
 caligine di mente
 e gelo di timor
 si dissipa al suo ardor.
 
 Siegue il ballo e termina l’atto primo.